
Si tende a pensare che il libro sia un oggetto silenzioso, capace di creare un dialogo intimo con il suo lettore. Un incontro privato, dove le parole ci trasportano in un mondo che prende forma nel nostro cuore e nella nostra mente.
Eppure, in questi giorni in Giappone, durante le presentazioni de L’uomo che vendeva il tempo, stiamo vivendo qualcosa di diverso. Qualcosa di più ampio.
Il libro non parla solo al singolo lettore. Il libro crea comunità.
Abbiamo incontrato persone che non si sono limitate a leggere, ma hanno voluto condividere esperienze, riflessioni, sogni.
Il tempo, tema centrale del libro, è diventato un varco tra culture, tra generazioni, tra sensibilità del mondo.
Durante uno degli incontri, il luminare astrofisico Satoru Ikeuchi ci ha accompagnati in un’affascinante riflessione. Così come vediamo l’orizzonte osservando il mare, il professore pensa che esista un orizzonte anche per il tempo. A differenza, tuttavia, dell’orizzonte che tutti scrutiamo – dettato dal preciso contesto del globo terrestre e della luce – l’orizzonte del tempo può essere visto attraverso la nostra capacità di porre obiettivi distanti dal presente. Questo esercizio ci permette, quindi, di vedere attraverso il tempo l’orizzonte che ci sta di fronte.
Un pensiero che ha acceso gli occhi di molti, come se le pagine del libro si fossero spalancate su un orizzonte nuovo.
In questi giorni, L’uomo che vendeva il tempo è stato un libro capace di creare luoghi nei quali il tempo si è fatto parola, e la parola si è fatta incontro.
M.M.


Photo ©Koichi Namimoto
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